La sensazione di vuoto.

E’ qualcosa di inspiegabile, la malinconia per qualcosa che magari non abbiamo mai avuto, oppure vissuto. Ci sentiamo come granelli di sabbia in una clessidra: insignificanti, alla rincorsa per raggiungere uno scopo prima che finisca il nostro tempo. L’uomo cerca di colmare le proprie mancanze attraverso la completezza, la perfezione, sperando in un particolare utopismo che non avverrà mai. Ma a quale scopo?

Esiste la noia generata dalla mancanza di sentimenti attivi, la quale emerge dopo un fallimento che possiamo considerare definitivo oppure, in modo paradossale, successivamente a un grande successo perché non si hanno più obiettivi a cui ambire.

Potremmo avere l’impressione di fare qualcosa, senza riuscire a finalizzare una tale necessità e sperimentiamo un senso di frenesia, agitazione che non trova spiegazione immediata.

Infine, ci avvolge la consapevolezza di star perdendo il significato della vita in sé. Talvolta il desiderio di trovare dei pieni per riempire i vuoti è così intenso che l’energia persa nella ricerca provoca dentro uno strano dolore; serrato fin dentro le ossa, nelle vene, scorre nel sangue come un fiume in piena durante un temporale.

Una parte di noi è stata strappata via e non sappiamo nemmeno quale sia, giungendo a un’anestesia emotiva al fine di evitare un contatto con il proprio Io considerato indegno e intollerabile.

Inconsciamente sentiamo dolore per una perdita inesistente, paragonabile ad un pozzo senza stelle. E ci trasciniamo autonomamente in questa tristezza infinita a cui non troviamo spiegazione.

O forse magari la soluzione c’è ma non possiamo elaborarla; non per uno stato di incapacità ma perché arriveremmo a conclusioni non volute, insoddisfacenti, che ci trascinerebbero in un pessimismo ancora più nero: Non troveremo mai fuori ciò che ci manca dentro.

Aurora Visco

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